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- Categoria: Carta bianca
L’inquilino delle parole è un poema dedicato alla scrittura, alla letteratura, alla poesia, alla figura del poeta, inquilino delle parole. Già a una prima lettura è evidente che l’autore, con eccezionale virtù stilistica, si pone su un terreno tutto suo, molto personale e originale. La battuta d’entrata di ogni sua poesia è un esergo. Sono scritti brevi, poche parole, di autori che René Corona conosce molto bene, che ha praticato per le tematiche e per le diverse forme linguistiche, facendo emergere la sua importantissima attività di traduttore, la fascinazione per il sapere e la cultura degli altri. Non dimentichiamo che il lavoro dei traduttori, sin dagli antichi albori, ha avuto un ruolo determinante per la formazione della civiltà europea e non solo.
Ogni esergo non è poi semplice citazione, ma è il punto di avvio per riedificare, reinventare, costruire qualcosa di nuovo intorno a ciò che esiste già, che è solito che avvenga e di cui pochi si accorgono. L’esergo diventa campo aperto di evocazione e di ispirazione.
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- Scritto da Benedetta Borrata
- Categoria: Carta bianca
Due verità svelate", di Giovanni Suraci, è un romanzo di gradevolissima lettura, di scrittura significativamente argomentativa, nutrita di archetipi, icone, modelli primari di umanità correlati a riferimenti storici, antropologici e culturali. Sono pagine in cui si respira il desiderio di conferma della dignità, del senso di responsabilità, della morale, dell' etica, di valori che abilmente l'autore mette a fuoco attraverso i punti di vista e le azioni degli stessi personaggi. Tra situazioni e intrecci diversi emerge nel romanzo il motivo della trasformazione, soprattutto quella storico-sociale che, anche silenziosamente condiziona il senso del vivere, con effetti a volte gravemente irreversibili. Il Sopruso di Stellario Baccellieri, in prima di copertina, segna una brillante contaminazione tra parole e immagini. L'antico albero, con a terra tutte le sue spoglie, ora è solo una ciminiera di fumo nero che, nello svelamento di due verità, contrasta con l'azzurro di quel mare, bacino di tradizioni e crocevia di culture. Il romanzo sottende anche un importante messaggio: non lasciarsi oscurare da quel fumo nero. La sfida è cercare, tra il labirinto che ci circonda, uno spazio che ci salvi da un labirinto ancora più grave che è quello interiore.
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- Scritto da Anna Foti
- Categoria: Carta bianca
di Anna Foti
Una lirica improntata alla ricerca impossibile di un senso esistenziale compiuto e definito, tale da estirpare quel male di vivere invece così radicato, quella di Eugenio Montale, poeta, giornalista e critico musicale genovese, senatore a vita, di cui quest'anno ricorrono i 125 anni dalla nascita e i 40 anni dalla morte. Le sue raccolte di liriche disegnano un percorso che si dipana dai frammenti dell’essere per approdare a frammenti di vita preziosa come quella condivisa con la moglie, Drusilla Tanzi, anche lei scrittrice, cui dedicò le sezioni "Xenia 1" e "Xenia 2" (nell’antica Grecia i doni fatti all’ospite) della raccolta "Satura" (1971). Un titolo che di per sé suggerisce ciò che rimane di una vita di parole, di inchiostro, di intima e intensa ricerca, di costante tensione emotiva.
«Per la sua poetica distinta che, con grande sensibilità artistica, ha interpretato i valori umani sotto il simbolo di una visione della vita priva di illusioni», così uno tra i più rappresentativi poeti italiani del Novecento, Eugenio Montale (Genova, 12 ottobre 1896 – Milano, 12 settembre 1981), riceveva il quinto dei sei premi Nobel per la Letteratura assegnati a personalità del Regno d’Italia prima e della Repubblica Italiana dopo. Il poeta, giornalista e critico musicale genovese, senatore a vita, di cui quest'anno ricorrono i 125 anni dalla nascita e i 40 anni dalla morte, riportò nel 1975 il prestigioso riconoscimento internazionale in Italia, dopo il poeta toscano Giosuè Carducci (1906), la scrittrice sarda Grazia Deledda (1926), lo scrittore siciliano Luigi Pirandello (1934), il poeta siciliano Salvatore Quasimodo (1959), e prima dello scrittore lombardo Dario Fo (1997).
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Di Natale Pace
In una saletta di Palazzo Marignoli una sera del 1946, sulla soglia della nuova Italia democratica e libera, si svolse una riunione importante per la storia del Premio Viareggio e della cultura Italiana.
Il celebre Premio fondato da Leonida Repaci, Carlo Salsa e Alberto Colantuoni sulla spiaggia di Viareggio nel 1929 è stato presieduto dallo scrittore di Palmi solo per i primi anni. Quando il regime fascista si rese conto del clamore mediatico che il premio suscitava nell’opinione pubblica, se ne appropriò e a presiederlo fu addirittura il genero del Duce, Galeazzo Ciano, per altro vecchio amico di Repaci con il quale ebbe uno storico duello all'arma bianca.
Fino al 1939 il Premio Viareggio di fatto fu asservito agli scopi politici del regime.
L'entrata in guerra dell'Italia interruppe naturalmente gli eventi letterari e anche il Viareggio.