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- Scritto da Anna Foti
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di Anna Foti
Dal latino Iulia, nome gentilizio di una antica e nobile famiglia romana, la gens Iulia (il cui più illustre rappresentante fu Giulio Cesare), il nome Giulia appartenne alla prima femminista della Storia, Giulia maggiore (Iulia Caesaris filia o Iulia Augusti filia) unica figlia naturale dell’imperatore Augusto. Figlia di un imperatore ma con spirito repubblicano. Vissuta tra il 39 A.C. ed il 14 d.C., la sua esistenza fu travagliata fin dalla nascita quando, nello stesso giorno del parto, la seconda moglie di Augusto, Scribonia, madre di Giulia, venne lasciata da Augusto.
Affascinante, vivace ed intelligente fin da bambina, Giulia, su cui il padre aveva la totale potestà, imparò a ribellarsi alle scelte paterne, conducendo una stile di vita spregiudicato. Dopo il confino ordinato nell’antica Pandataria, oggi isola di Ventotene, pagò la sua ribellione con l’esilio trascorrendo proprio a Reggio Calabria i suoi ultimi anni. Visse l'ultimo periodo nell'omonima Torre di cui, dopo il devastante sisma del 1783, non restavano che ruderi, poi successivamente abbattuti e rimossi. Secondo gli studi condotti nei secoli successivi, tale torre ricadeva proprio nella zona (nei pressi dell’attuale Villa Zerbi) dove oggi sorge l'omonima via Giulia.
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- Scritto da Natale Pace
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di Natale Pace
Dal 1946 al 1964 la Domenica del Corriere fu diretta da Eligio Possenti che la condusse insieme a Dino Buzzati, capo redattore, vero e proprio direttore tra le quinte. Era nata nel 1899 come inserto del Corriere della Sera e con l’obiettivo di non farne un secondo giornale, ma una vera e propria fotografia settimanale della vita degli italiani. Infatti, differentemente dagli altri settimanali del tempo, si caratterizzava per i suoi tanti disegni e servizi fotografici, che furono infatti il principale motivo del suo gradimento nei lettori. La prima e ultima di copertina conteneva tra l’altro un disegno con raffigurati i due fatti più importanti della settimana. Le illustrazioni di copertina furono affidate per 46 anni a Achille Beltrame e alla sua morte a Walter Molino. Erano dei veri capolavori e oggi si è sviluppato un vero e proprio collezionismo e si spendono veri capitali per una copertina rara.
Anche la Città di Palmi ebbe il privilegio della copertina della Domenica del Corriere, per quanto ne sia a conoscenza, per almeno due volte: una venne dedicata alla maestosa macchina della Varia, oggi patrimonio immateriale dell’umanità nel novero delle Grandi Macchine a Spalla. L’altra per un fatto di cronaca che all’inizio di gennaio 1954 ebbe risalto su tutti i giornali nazionali e, diffuse da importanti agenzie, in tutto il mondo.
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- Scritto da Maria Florinda Minniti
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di Florinda Minniti
Il canto XXVI dell’Inferno, fra i più celebrati della Commedia, ha come protagonista il mitico eroe greco Ulisse, che narra in prima persona la sua ultima avventura. Per questo e per l’universale valenza simbolica del personaggio il XXVI dell’Inferno è definito per antonomasia il “canto di Ulisse”.
E’ necessario premettere che Dante non ebbe nozione diretta dei poemi omerici (la conoscenza del greco antico si era persa nel Medioevo tranne in un circoscritto territorio della Calabria, dove sopravviveva ad opera del monaco Barlaam di Seminara e del suo discepolo Leonzio Pilato) e probabilmente neanche dei tardi riassunti di essi nè delle elaborazioni romanzesche di ambiente neolatino (il poema francese di Benoit de Sainte Maure e la storia latina di Guido delle Colonne), dove la narrazione del nostos, ritorno, di Ulisse ad Itaca trovava ampio spazio.
Tuttavia non mancavano le fonti alle quali attingere: Virgilio (Aen.,III) e Stazio (Achill., I) fornivano la notizia degli inganni famosi e della personalità dello scelerum inventor; Ovidio (Metam.,XIV,154 e segg.) narrò dell’ultimo viaggio dei naviganti ormai vecchi e stanchi; Orazio (Ars poet., 141-142) parlò della vasta esperienza che Ulisse ebbe di paesi e uomini; infine Cicerone (De finibus, V, XVIII, 48-49; De off., III, 26) e Seneca (De const. sapientis, II, I) riferivano della sapientiae cupido e dell’innatus cognitionis amor dell’eroe più forti di ogni altro affetto, di ogni rischio e di ogni timore.
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- Scritto da Natale Pace
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di Natale Pace
Quando pubblicò “Emigranti” nel 1928, Francesco Perri era già un personaggio nel mondo politico e letterario italiano.
Nel 1920 viveva a Pavia, studente di lettere in quell’ateneo. Tornò brevemente in Calabria, giusto per farsi arrestare perché affiancò i contadini del suo paese nella lotta per la concessione delle terre demaniali che i grandi proprietari avevano nel tempo usurpato:
“Poiché la mia licenza era breve ed a me premeva ottenere la concessione delle terre prima della mia partenza, pensai di rivolgermi al prefetto nella sua qualità di arbitro nella vertenza perché si addivenisse ad un accordo".
Assunto alle Poste nel biennio 1920-21 scrisse e pubblicò con lo pseudonimo di Paolo Albatrelli, il romanzo “I Conquistatori” nel quale descrisse la sanguinosa repressione fascista nella Lomellina e l’asservimento al regime di gran parte degli uomini di cultura. Il libro contiene anche un disperato richiamo alla politica perché diventi servizio e non servilismo.
Apriti cielo! Il regime fascista avviò una vera e propria caccia al libro che fu pomposamente bruciato in piazza. Lo si accusò di essere repubblicano e antifascista e fu licenziato dopo l’avvio di un provvedimento disciplinare. Ma il libro ormai aveva squarciato il velo e l’opinione pubblica se ne appropriò. Diventò in breve un best seller, letto e segretamente diffuso anche all’estero e gli diede fama e notorietà. Perri si trasferì a Milano dove vivrà fino alla Liberazione, attenuando le difficoltà economiche a seguito del licenziamento con collaborazioni alla casa editrice Utet scrivendo nella collana “La Scala d’oro” e componendo romanzi rosa e per i ragazzi.
Con “Emigranti” stranamente vinse il Premio Mondadori 1928. Stranamente, in considerazione della sua ormai notorietà come antifascista.