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di Anna Foti

"Io scriverò se vuoi
Perché cerco un mondo diverso
Con stelle al neon e un poco d'universo.

Mi sento un eroe a tempo perso...

Ma con chiunque sappia divertirsi mi salverò
Che viva la vita senza troppo arrichirsi..."

Parlava al futuro mentre la sua vita era a un passo da una fine prematura e tra le righe di una canzone rivelava il senso ultimo di ogni esistenza: cercare un pò di infinito in ciò che è finito per definizione e trovarlo nell'allegria e nella gioia di vivere piuttosto che nel possesso materiale.

Rino Gaetano, che di questi tempi (29 ottobre) avrebbe compiuto 70 anni, è ancora lì a cantare, nonostante un incidente quasi quarant'anni fa gli abbia stroncato la vita.

E' ancora lì con il suo cilindro in testa, la sua aria scanzonata, il suo spirito anticonformista ad intonare canti di ribellione intrisi di un'arguta ironia.

Emilio Notte - Strage di Melissadi Natale Pace

«Il passato di tanti anni fa

alla fine del quarantanove
è il massacro del feudo Fragalà
sulle terre del Barone Breviglieri
Tre braccianti stroncati
col fuoco di moschetto
in difesa della proprietà.
Sono fatti di ieri»

Lucio Dalla – Passato –
dall’album “Il giorno aveva cinque teste”

Tutti coloro che dimenticano il loro passato, sono condannati a riviverlo”. Scriveva Primo Levi.

E’ vero, guai a quel popolo che dimentica il proprio passato, perché per quanti sforzi farà per cancellare gli orrori, i guasti, gli errori. Quegli sforzi si tradurranno in alibi, giustificazioni, assoluzioni e allora gli orrori si camufferanno con altre vesti per ritornare.

Noi oggi vogliamo ricordare: facciamo qualche passo indietro.

di Natale Pace

Non mi sono inserito nella polemica scatenata da uno pseudo-giornalista-intellettualoide che a ciclo mestruale ben prestabilito, dovendo dimostrare a se stesso che esiste e alla buonanima di sua madre quanto è conosciuto nel mondo, spara bordate a sangue offensive del meridione e dei meridionali. Mi sembrava, come dicono i nostri anziani di “dargli troppa importanza”.

D’altra parte egli è solo l’ultimo personaggio importante e conosciuto ( per adesso) ad esternare pensieri xenofobi e razziali nei confronti della gente del Sud.

Il marchese Massimo D’Azeglio, sì, proprio quello de “Pur troppo s'è fatta l'Italia, ma non si fanno gl'Italiani”, liberal-moderato Presidente del Consiglio del Regno di Sardegna, scrive a Diomede Pantaloni nel 1860:

“In tutti i modi la fusione con i napoletani mi fa paura e come mettersi a letto con un vaioloso”.

Che fa il paio con le future fesserie montanelliane, o con Moravia che sull’Espresso del 3 ottobre 1982, in un articolo intitolato “Siciliano uguale Mafioso” scrive: “Il Siciliano in quanto tale, anche il galantuomo, è tendenzialmente mafioso”.

di Natale Pace

“L’Apollo Buongustaio” uscì per la prima volta nel 1960 a cura del poeta Mario Dell’Arco e durò fino al 1987. Iniziò quindi una nuova serie a cura di Sandro Bari, Francesca Di Castro, Umberto Mariotti Bianchi, Franco Onorati, Ugo Onorati e Mario Tornello. I curatori sono non erano solo scrittori (i loro scritti entrano nell’antologia) ma anche tutti cultori di Roma e delle sue tradizioni,

Inseriti in ordine rigorosamente alfabetico dell’autore, gli scritti trattavano di gastronomia regionale andando a recuperare tradizioni locali e piatti tipici dimenticati per lo scorrere del tempo, emozionanti proprio per questo.

In ordine alfabetico Domenico Zappone figurava buon ultimo nell’indice. Egli era stato introdotto a Dell’Arco da Leonardo Sciascia e, a sua volta, raccomandò la partecipazione delle due poetesse palmesi Ermelinda Oliva e Maria De Maria. La poesia di Ermelinda era già conosciuta era già assurta a chiara fama regionale e nazionale: vincitrice del Premio Amantea nel 1963 con la raccolta poetica “Il flauto minuscolo”, nel 1968 Carlo Betocchi la presenta su La Fiera Letteraria puntualizzandone la classicità di ispirazione e la sincerità del verso. Ancora qualche anno Sergio Solmi si disse “… colpito per il senso magico della natura” di quei versi palmesi. Era schiva, dedita al culto del cattolicesimo e della cristianità, aliena dai facili entusiasmi della poesia moderna. Seguiva il mondo e l’evolversi dei tempi dalla sua finestra della casa d’angolo di piazza Primo Maggio, nella stanzetta di lavoro che spesso mi ha ospitato. Si chiacchierava come due buoni amici di poesia (più le mie giovanili elucubrazioni che lei non mancava di incoraggiare col suo dolcissimo e tenue sorriso).