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di Anna Foti

"In America Halloween era stata portata dai nostri emigranti meridionali e da quelli di altre nazioni: la presunta 'importazione'  è solo un viaggio di ritorno della festa (...) Oggi, ogni volta che si avvicina la festa di Halloween si sente parlare di una festa «americana», innestata in Italia come mera importazione statunitense. Questo è un errore storiografico e culturale". Ad affermarlo è l'antropologo originario di Briatico, in provincia di Vibo Valentia, Luigi Lombardi Satriani, che, intervistato tempo fa dal ricercatore del centro di inchieste multidisciplinari e interculturali dell'University College di Londra, Marco Benoît Carbone, ha collocato le radici della festa di Halloween nelle regioni del Sud Italia. L'antropologo calabrese ha condotto infatti un lavoro di approfondimento sul tema della morte nella cultura contadina, poi confluito nel volume "Il ponte di San Giacomo. L’ideologia della morte nella società contadina del Sud", scritto a quattro mani con Mariano Meligrana, ricercatore di Storia delle tradizioni popolari nell'Università di Messina deceduto nel 1982.  Il libro fu pubblicato per la prima volta con i caratteri di Rizzoli nel 1982, anno in cui si aggiudicò il premio Viareggio, sezione Saggistica, e successivamente anche con altre case editrici fino all'ultima edizione curata da Sellerio Palermo nel 1989. Classe 1936, tra i maggiori esperti di tradizioni popolari italiane, Luigi Lombardi Satriani è stato senatore della Repubblica della XIII legislatura e componente della Commissione Cultura dal 1996 al 2001, ordinario di Etnologia all’Università La Sapienza di Roma e docente di Antropologia culturale all’Università di Napoli. Il volume "Il ponte di San Giacomo.

 

di Anna Foti

Sono ancora una volta le vittime, le sentinelle di un’umanità distratta e colpevole di smemoratezza e superficialità. Sono ancora una volta le vittime che hanno subito perdite incalcolabili, lo strenuo baluardo del decoro e del pudore; sono loro a ricordarci che la Dignità é un valore irriducibile anche quando la Vita e la Libertà, che ne sono le espressioni più nobili, vengono assaltate e oltraggiate, ancora una volta; sono loro a ricordarci che salvano dall’oblio del Pensiero e dalla dimenticanza della Storia solo le Verità più dolorose e scomode, perché le altre verità non fanno fatica ad essere conosciute e riconosciute.

Dovrebbe essere di tutti la voce dell’indignazione delle madri di Srebrenica che hanno chiesto la revoca del premio Nobel per la Letteratura allo scrittore austriaco Peter Handke che durante la guerra nei Balcani difese il presidente della Repubblica Serba Slobodan Milosevic, accusato di crimini contro l’Umanità dal Tribunale penale internazionale per l'ex-Jugoslavia. Quel processo si estinse nel 2006 per la morte sopraggiunta di Milosevic e, dunque, non sfociò in alcuna sentenza.

Chiamate a rivivere il dolore di essere sopravvissute a figli, mariti, fratelli, cari, le madri di Srebrenica si ritrovano strette di nuovo dal desiderio di Giustizia, Verità e Memoria. Lo stesso che a lungo le ha animate nel segno del motto Odgovornost (Responsabilità in lingua bosniaca), mentre chiedevano che l'impunità dei colpevoli di orribili crimini fosse intaccata fino a risultarne disintegrata, come avvenuto alla loro patria, la Jugoslavia, in quei terribili anni Novanta. Una giustizia sofferta e attesa, arrivata dopo oltre vent’anni.

Caro Direttore,

i consensi, e le riflessioni, innescati dal Manifesto per l’Italia pubblicato dal tuo giornale mi inducono a partecipare alla discussione cercando di affrontare in modo non ortodosso l’ormai endemico riproporsi di temi quali il diseguale sviluppo del Paese, con conseguente abbandono e arretratezza, non solo strutturale, del Meridione, i rapporti di causa-effetto di questa condizione con il cancro mafioso-criminale che l’aggredisce, l’assuefazione di noi meridionali ad una vita al ribasso.

Come sai vivo a Reggio Calabria, a sud del cuore, il cuore dell’Italia produttiva ed efficiente, il cuore pulsante delle innovazioni scientifiche, dei poli sanitari, delle case editrici e dei media nazionali, dei trasporti veloci. Una parte del cuore in cui il sangue si corrompe per il contatto con le cellule criminali, i torti subiti, la normalità negata, classi dirigenti buone a nulla ma capaci di tutto (cit. Longanesi), l’ignavia della gran parte di chi l’abita, rischiando di contagiare anche le parti dell’organo sane. C’è una cura?

di Giuseppe Bova

In una splendida poesia dedicata al proprio figlio Nazim Hikmet scrive: …/Non vivere su questa terra come un inquilino/oppure in villeggiatura/nella natura. /Vivi in questo mondo/come se fosse la casa di tuo padre/credi al grano al mare alla terra/ma soprattutto all’uomo./Ama la nuvola, la macchina il libro/ma innanzitutto ama l’uomo/….

L’ultimo secolo ha segnato un grande primato di scoperte scientifiche, tecnologiche, mediche, ha avviato diversi processi di pace ed altri ha lasciato inconclusi, ha tentato di abbattere le discriminazioni razziali e di etnia tra i popoli, ma sopratutto, non lascia un pianeta povero, anzi, tutti sanno che sulla terra, oggi, si producono enormi ricchezze.

Negli ultimi 10 anni il PML (prodotto mondiale lordo) è raddoppiato, il commercio mondiale è triplicato, la domanda di energia si quadruplica ogni 4 anni. I prodotti alimentari sono talmente tanti che potrebbero sfamare 12 miliardi di essere umani con razioni pro-capite pari a 2700 calorie.

Ma i massacri si moltiplicano.

I quattro cavalieri dell’apocalisse che rispondono al nome di sottosviluppo, fame, sete e guerre con le epidemie, distruggono ogni anno più donne e bambini di quanto non abbia fatto la seconda guerra mondiale (55 mln in sei anni) e per i poveri la terza guerra mondiale è già in atto.