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- Scritto da Saverio Occhiuto
- Categoria: Carta bianca
In poco più di due settimane il fenomeno delle "Sardine" è già diventato un caso, uno di quegli eventi che tornano una volta ogni 50 anni, come il Sessantotto, per cogliere tutti di sorpresa. Soprattutto la politica, spiazzata da questi ragazzi che dopo il flash mob di Bologna del 14 novembre scorso hanno continuato a riempire le piazza italiane, e ora anche quelle europee, senza bandiere, senza simboli di partito, stringendo tra le mani solo quei pesciolini colorati ritagliati con cura nella propria cameretta. Il segnale che ci stanno dando è inequivocabile: una generazione senza rappresentanza politica, senza riferimenti istituzionali, se non in quella Costituzione che sente ancora "giovane", si riprende la scena con un movimento non violento, proprio come quei ragazzi che nel '68 opponevano i fiori ai cannoni (Peace & Love), ma con il sogno di scrivere un finale molto diverso. Il fallimento degli ideali di quella generazione hippy è oggi sotto gli occhi di tutti: il femminismo, l'idea di liberare la donna dalla schiavitù in cui l'aveva relegata sino ad allora la società dei calzoni con le pinces, continua a subire i colpi bassi (spesso mortali) del maschilismo delle caverne. Come l'idea di un mondo in cui tutti potessero trovare pari opportunità di successo, al di là delle condizioni di partenza, mentre per superare qualsiasi concorso pubblico sei ancora costretto a scalare, mani e piedi, una montagna di "raccomandati". Per non parlare della corruzione dilagante in un Paese che dopo l'Unità d'Italia resta ancora tagliato in due, divorato da una cinica equazione: l'industria al Nord, la mafia al Sud, formula riprodotta automaticamente sulla lavagna da chi si avvicenda al potere.
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- Scritto da Anna Foti
- Categoria: Carta bianca
di Anna Foti
"O donne povere e sole, violentate da chi non vi conosce.
Donne che avete mani sull'infanzia esultanti segreti d'amore, tenete conto che la vostra voracità naturale non sarà mai saziata.
Mangerete polvere come io mangio polvere, cercherete di impazzire e non ci riuscirete, avrete sempre il filo della ragione che vi taglierà in due. Ma da queste profonde ferite usciranno farfalle libere".
Alda Merini
Le chiamavano farfalle (Mariposas), prima che la cieca violenza del regime interrompesse il loro volo verso la libertà. Patria Mercedes, Minerva Argentina e Antonia Maria Teresa. Tre donne, le sorelle Mirabal. Unite nel sangue dalla nascita fino alla morte, attiviste politiche, più volte imprigionate e torturate per la loro opposizione alla dittatura di Rafael Leonidas Trujillo degli anni ’60 nella Repubblica Domenicana. Il 25 novembre del 1960, dopo aver visitato i mariti in carcere, trovarono la morte in un campo di canna da zucchero dove erano state trasportate per essere brutalmente uccise. In memoria di questo orrore nella stessa data del 1981, un mese prima dell’entrata in vigore della Convenzione Internazionale sull’Eliminazione di ogni forma di Discriminazione nei confronti delle Donne, si tenne la prima Conferenza di Donne Latinoamericane a Bogotà in Colombia. In quella occasione fu proclamata la Giornata Internazionale contro la Violenza sulle Donne. L’unica sorella Mirabal sopravvissuta, Bélgica Adele detta Dedé, ha curato le pagine del libro di memorie Vivas en su jardin dedicato alle sorelle, come fossero «fiori del giardino della casa museo dove rimarranno vive per sempre le mie farfalle». Ha coltivato memoria, crescendo anche i sei nipoti orfani, figli delle sorelle uccise. La loro vita è stata anche raccontata dalla scrittrice Julia Alvarez nel romanzo Il tempo delle farfalle (1994), da cui è stato tratto il film di Mariano Barroso In The time of Butterflies (2004), interpretato da Salma Hayek.Nel tentativo di perpetuare il ricordo del loro sacrificio, simbolo di libertà dalle dittature, nel 1999 l'Assemblea Generale delle Nazioni Unite, con risoluzione 54/134, ha ufficializzato il 25 novembre come Giornata Internazionale per l'eliminazione della Violenza contro le Donne. Radicata nella discriminazione di genere, la violenza sulle donne rappresenta la violazione dei diritti umani più diffusa nel mondo. Un allarme che non risparmia l’Italia. L’ultimo report diffuso dalla Polizia di Stato nell'ambito del progetto "Questo non è amore" attuato nel 2019, riferisce di 88 vittime ogni giorno: una donna ogni 15 minuti. In Europa, una donna su quattro subisce violenza, prevalentemente per mano del marito o del compagno, con punte drammatiche in Svezia, Francia e Spagna. In Russia una donna ogni ora muore per violenza domestica. La situazione risulta notevolmente aggravata dall’impunità, causata da sistemi giudiziari non imparziali e corrotti, impianti legislativi carenti e inadeguati, regimi di tollerabilità dettati da retaggi culturali e tradizioni patriarcali e maschilistici. Il mancato accertamento delle responsabilità attanaglia molti paesi, in cui tale fenomeno è quasi endemico. E’ così che tale piaga rimane drammaticamente privata, pur essendo invece una ferita sociale. E’ così che tale piaga resta invisibile e pare totalmente incurabile, oltre che inguaribile.
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- Scritto da Anna Foti
- Categoria: Carta bianca
di Anna Foti
“Incredibile è l’Italia: e bisogna andare in Sicilia per constatare quanto è incredibile l’Italia”. Nella periferia in cui è nato, che non ha mai rinnegato e di cui ha scritto criticando ogni commiserevole provincialismo anche letterario, Leonardo Sciascia, nato a Racalmuto l'8 gennaio 1921 e morto a Palermo il 20 novembre 1989, dunque trent'anni fa, fu maestro di scuola, giornalista per L’Ora, il Corriere della Sera e La Stampa, scrittore e saggista. Distintosi per il suo grande spirito critico e la sua penna socialmente impegnata, fu un fine interprete del suo tempo e non solo che lasciò in eredità romanzi, racconti, sceneggiature, poesie. Il suo acume intellettuale e la sua lungimiranza ne hanno fatto un scrittore e un giornalista capace di scavare anche la contemporaneità. Lo dimostra un articolo su tutti quello profetico, che nel 1987 un redattore del Corriere della Sera titolò "I professionisti dell'Antimafia", in cui definì quest'ultima uno strumento di potere. Erano gli anni Ottanta.
Sciascia pose due autocitazioni in apertura di quell'articolo tratte da "Il Giorno della Civetta" e da “A ciascuno il suo”, anch’esso divenuto l’anno dopo un film per la regia di Elio Petri: «Ma il fatto è, mio caro amico, che l'Italia è un così felice Paese che quando si cominciano a combattere le mafie vernacole vuol dire che già se ne è stabilita una in lingua... Ho visto qualcosa di simile quarant'anni fa: ed è vero che un fatto, nella grande e nella piccola storia, se si ripete ha carattere di farsa, mentre nel primo verificarsi è tragedia; ma io sono ugualmente inquieto».
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- Scritto da Raul
- Categoria: Carta bianca
di Anna Foti
“Addio monti sorgenti dall’acque, ed elevati al cielo; cime inuguali, note a chi è cresciuto tra voi, e impresse nella sua mente, non meno che lo sia l’aspetto de’ suoi più familiari; torrenti, de’ quali distingue lo scroscio, come il suono delle voci domestiche; ville sparse e biancheggianti sul pendio, come branchi di pecore pascenti; addio! Quanto è tristo il passo di chi, cresciuto tra voi, se ne allontana! Alla fantasia di quello stesso che se ne parte volontariamente, tratto dalla speranza di fare altrove fortuna, si disabbelliscono, in quel momento, i sogni della ricchezza; egli si meraviglia d’essersi potuto risolvere, e tornerebbe allora indietro, se non pensasse che, un giorno, tornerà dovizioso. Quanto più si avanza nel piano, il suo occhio si ritira, disgustato e stanco, da quell’ampiezza uniforme; l’aria gli par gravosa e morta; s’inoltra mesto e disattento nelle città tumultuose; le case aggiunte a case, le strade che sboccano nelle strade, pare che gli levino il respiro; e davanti agli edifizi ammirati dallo straniero, pensa, con desiderio inquieto, al campicello del suo paese, alla casuccia a cui ha già messo gli occhi addosso, da gran tempo, e che comprerà, tornando ricco a’ suoi monti.
Ma chi non aveva mai spinto al di là di quelli neppure un desiderio fuggitivo, chi aveva composti in essi tutti i disegni dell’avvenire, e n’è sbalzato lontano, da una forza perversa! Chi, staccato a un tempo dalle più care abitudini, e disturbato nelle più care speranze, lascia que’ monti, per avviarsi in traccia di sconosciuti che non ha mai desiderato di conoscere, e non può con l’immaginazione arrivare a un momento stabilito per il ritorno! Addio, casa natìa, dove, sedendo, con un pensiero occulto, s’imparò a distinguere dal rumore de’ passi comuni il rumore d’un passo aspettato con un misterioso timore. Addio, casa ancora straniera, casa sogguardata tante volte alla sfuggita, passando, e non senza rossore; nella quale la mente si figurava un soggiorno tranquillo e perpetuo di sposa. Addio, chiesa, dove l’animo tornò tante volte sereno, cantando le lodi del Signore; dov’era promesso, preparato un rito; dove il sospiro segreto del cuore doveva essere solennemente benedetto, e l’amore venir comandato, e chiamarsi santo; addio! Chi dava a voi tanta giocondità è per tutto; e non turba mai la gioia de’ suoi figli, se non per prepararne una più certa e più grande”.