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di Anna Foti

A Matteo, Marco e al nostro Nino

Difendono e proteggono ma senza armi, Angeli Custodi della nostra Sicurezza, sono i Vigili del Fuoco ai quali la nostra Repubblica, attraverso il ministero dell’Interno, affida le funzioni di Soccorso Pubblico e Difesa Civile. Uomini e donne che rimangono lì dove tutti avremmo paura di restare. Un lavoro eroico che per loro è normale. Un servizio necessario e delicato. Salvano la Vita dalle fiamme, sfidano il fuoco che, divampando, consuma e distrugge persone e cose. 

Dopo un terremoto o un’alluvione, tra le lamiere di macchine accartocciate, sul ciglio di un burrone o in bilico su un parapetto, sono lì a scavare con le mani nella terra e nel fango, a destreggiarsi in situazioni al limite per estrarre corpi e trarre in salvo vite. 

Sempre loro sono chiamati a gestire le altezze anche in situazioni piacevoli come nel caso del posizionamento dell’albero di Natale all’uncinetto dell’Ail di Reggio Calabria. Una struttura in metallo donata da un’azienda privata del territorio e alta circa sei metri. Esso allieterà lo spazio antistante la pinacoteca civica sul Corso Garibaldi ed è stato posizionato proprio nel giorno di Santa Barbara.

“Come Vigili del Fuoco – ha dichiarato il Comandante di Reggio Calabria, ingegnere Carlo Metelli - siamo sempre sensibili e disponibili a contribuire ad iniziative e attività di carattere sociale. Come noi, anche l’Ail si adopera quotidianamente per aiutare chi è in difficoltà. Il posizionamento dell’albero  – prosegue Metelli - vuole essere un segno tangibile di gratitudine a tutta la cittadinanza che ha dimostrato vicinanza e calore nei momenti più tristi che hanno colpito il Comando di Reggio nell’ultimo periodo.

 di Saverio Occhiuto

In poco più di due settimane il fenomeno delle "Sardine" è già diventato un caso, uno di quegli eventi che tornano una volta ogni 50 anni, come il Sessantotto, per cogliere tutti di sorpresa. Soprattutto la politica, spiazzata da questi ragazzi che dopo il flash mob di Bologna del 14 novembre scorso hanno continuato a riempire le piazza italiane, e ora anche quelle europee, senza bandiere, senza simboli di partito, stringendo tra le mani solo quei pesciolini colorati ritagliati con cura nella propria cameretta. Il segnale che ci stanno dando è inequivocabile: una generazione senza rappresentanza politica, senza riferimenti istituzionali, se non in quella Costituzione che sente ancora "giovane", si riprende la scena con un movimento non violento, proprio come quei ragazzi che nel '68 opponevano i fiori ai cannoni (Peace & Love), ma con il sogno di scrivere un finale molto diverso. Il fallimento degli ideali di quella generazione hippy è oggi sotto gli occhi di tutti: il femminismo, l'idea di liberare la donna dalla schiavitù in cui l'aveva relegata sino ad allora la società dei calzoni con le pinces, continua a subire i colpi bassi (spesso mortali) del maschilismo delle caverne. Come l'idea di un mondo in cui tutti potessero trovare pari opportunità di successo, al di là delle condizioni di partenza, mentre per superare qualsiasi concorso pubblico sei ancora costretto a scalare, mani e piedi, una montagna di "raccomandati". Per non parlare della corruzione dilagante in un Paese che dopo l'Unità d'Italia resta ancora tagliato in due, divorato da una cinica equazione: l'industria al Nord, la mafia al Sud, formula riprodotta automaticamente sulla lavagna da chi si avvicenda al potere.

di Anna Foti

"O donne povere e sole, violentate da chi non vi conosce.
Donne che avete mani sull'infanzia esultanti segreti d'amore, tenete conto che la vostra voracità naturale non sarà mai saziata.
Mangerete polvere come io mangio polvere, cercherete di impazzire e non ci riuscirete, avrete sempre il filo della ragione che vi taglierà in due. Ma da queste profonde ferite usciranno farfalle libere".

Alda Merini

Le chiamavano farfalle (Mariposas), prima che la cieca violenza del regime interrompesse il loro volo verso la libertà. Patria Mercedes, Minerva Argentina e Antonia Maria Teresa. Tre donne, le sorelle Mirabal. Unite nel sangue dalla nascita fino alla morte, attiviste politiche, più volte imprigionate e torturate per la loro opposizione alla dittatura di Rafael Leonidas Trujillo degli anni ’60 nella Repubblica Domenicana. Il 25 novembre del 1960, dopo aver visitato i mariti in carcere, trovarono la morte in un campo di canna da zucchero dove erano state trasportate per essere brutalmente uccise. In memoria di questo orrore nella stessa data del 1981, un mese prima dell’entrata in vigore della Convenzione Internazionale sull’Eliminazione di ogni forma di Discriminazione nei confronti delle Donne, si tenne la prima Conferenza di Donne Latinoamericane a Bogotà in Colombia. In quella occasione fu proclamata la Giornata Internazionale contro la Violenza sulle Donne. L’unica sorella Mirabal sopravvissuta, Bélgica Adele detta Dedé, ha curato le pagine del libro di memorie Vivas en su jardin dedicato alle sorelle, come fossero «fiori del giardino della casa museo dove rimarranno vive per sempre le mie farfalle». Ha coltivato memoria, crescendo anche i sei nipoti orfani, figli delle sorelle uccise. La loro vita è stata anche raccontata dalla scrittrice Julia Alvarez nel romanzo Il tempo delle farfalle (1994), da cui è stato tratto il film di Mariano Barroso In The time of Butterflies (2004), interpretato da Salma Hayek.Nel tentativo di perpetuare il ricordo del loro sacrificio, simbolo di libertà dalle dittature, nel 1999 l'Assemblea Generale delle Nazioni Unite, con risoluzione 54/134, ha ufficializzato il 25 novembre come Giornata Internazionale per l'eliminazione della Violenza contro le Donne. Radicata nella discriminazione di genere, la violenza sulle donne rappresenta la violazione dei diritti umani più diffusa nel mondo. Un allarme che non risparmia l’Italia. L’ultimo report diffuso dalla Polizia di Stato nell'ambito del progetto "Questo non è amore" attuato nel 2019, riferisce di 88 vittime ogni giorno: una donna ogni 15 minuti. In Europa, una donna su quattro subisce violenza, prevalentemente per mano del marito o del compagno, con punte drammatiche in Svezia, Francia e Spagna. In Russia una donna ogni ora muore per violenza domestica. La situazione risulta notevolmente aggravata dall’impunità, causata da sistemi giudiziari non imparziali e corrotti, impianti legislativi carenti e inadeguati, regimi di tollerabilità dettati da retaggi culturali e tradizioni patriarcali e maschilistici. Il mancato accertamento delle responsabilità attanaglia molti paesi, in cui tale fenomeno è quasi endemico. E’ così che tale piaga rimane drammaticamente privata, pur essendo invece una ferita sociale. E’ così che tale piaga resta invisibile e pare totalmente incurabile, oltre che inguaribile.

 

di Anna Foti

“Incredibile è l’Italia: e bisogna andare in Sicilia per constatare quanto è incredibile l’Italia”. Nella periferia in cui è nato, che non ha mai rinnegato e di cui ha scritto criticando ogni commiserevole provincialismo anche letterario, Leonardo Sciascia, nato a Racalmuto l'8 gennaio 1921 e morto a Palermo il 20 novembre 1989, dunque trent'anni fa, fu maestro di scuola, giornalista per L’Ora, il Corriere della Sera e La Stampa, scrittore e saggista. Distintosi per il suo grande spirito critico e la sua penna socialmente impegnata, fu un fine interprete del suo tempo e non solo che lasciò in eredità romanzi, racconti, sceneggiature, poesie. Il suo acume intellettuale e la sua lungimiranza ne hanno fatto un scrittore e un giornalista capace di scavare anche la contemporaneità. Lo dimostra un articolo su tutti quello profetico, che nel 1987 un redattore del Corriere della Sera titolò "I professionisti dell'Antimafia", in cui definì quest'ultima uno strumento di potere. Erano gli anni Ottanta.

Sciascia pose due autocitazioni in apertura di quell'articolo tratte da "Il Giorno della Civetta" e da “A ciascuno il suo”, anch’esso divenuto l’anno dopo un film per la regia di Elio Petri: «Ma il fatto è, mio caro amico, che l'Italia è un così felice Paese che quando si cominciano a combattere le mafie vernacole vuol dire che già se ne è stabilita una in lingua... Ho visto qualcosa di simile quarant'anni fa: ed è vero che un fatto, nella grande e nella piccola storia, se si ripete ha carattere di farsa, mentre nel primo verificarsi è tragedia; ma io sono ugualmente inquieto».