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Ladri di pelle  (Alle donne ucraine, violate)

dall'omonima silloge di Lucia Lo Bianco - Palermo

Sono giunti ancora quegli sguardi
tra le foglie accartocciate del giardino,
vesti nascoste senza forma nè colore
forme distorte su panni bianchi appesi.

Sono giunti nel cammino oscuro del destino
e riluceva il grigio acciaio delle armature
mentre sbucavano occhi dentro il buio
come dei topi annaspando sangue altrui.

Sono arrivati urlano fuoco sotto il cielo
a lacerare sipari scuri appena issati,
sotto la pioggia di lampi e di scintille
e odori acri di brandelli di cemento.

Han spalancato portoni sull'abisso
(le amiche stelle restavano a guardare),
e le parole erano scatole strappate
abbandonate a galleggiare sopra i fiumi.

Sono rimasti il tempo di scoprire
l'arma segreta che sputa la violenza,
senza lasciare lo spazio per volare
dentro una camera nascosta in fondo ai sogni.

Hanno lasciato bambole piegate,
scalfite a lungo come vecchie porcellane
e cenci unti, bagnati nel dolore,
un grigio perla di lacrime disperse.

Sono partiti: un carico di pelle
stipato a forza sui carri della morte,
come bottino di becera follia
a disegnare di vermiglio l'universo.