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di Natale Pace

Meno male che i microfoni non hanno funzionato!

Il problema tecnico, che ha inizialmente provocato il panico tra gli organizzatori, i relatori e gli ospiti convenuti, che se non muniti di amplifon come me, hanno compiuto sforzi non di poco conto per captare le parole, alla fine si è rivelato un importante valore aggiunto dell’ennesimo evento culturale reggino. Come amava dire Sergio D’Antoni, occorre avere la capacità di trasformare le difficoltà in opportunità: e questo è accaduto giovedi pomeriggio 5 giugno scorso nei locali della Università della Terza Età di via Willermin a Reggio Calabria.

Coloro che intervenivano dal tavolo della presidenza, hanno con buona lena alzato il tono di voce per farsi sentire, ma l’uditorio, dal suo canto, si è sforzato di stare in religioso silenzio, azzerando il telefonino, evitando i soliti, antipatici conciliaboli, senza distrarsi. Insomma nella grande sala si è creata una bellissima e ovattata atmosfera che ha reso godibili le parole dette, i versi letti e recitati.

Si presentava la nuova raccoltina di 36 poesie in lingua di Arturo Cafarelli “Inventario” stampata a cura del Rhegium Julii che insieme al CIS (Centro Italiano Scrittori) e alla stessa Unitre ha organizzato la manifestazione.

Proprio i rappresentanti delle tre associazioni reggine hanno portato i saluti e presentato il poeta Cafarelli: Giuseppe Bova, Loreley Rosita Borruto e Franco Cernuto, mentre del libro e delle belle liriche proposte hanno parlato Paola Radici Colace e Daniela Scuncia, dialogando a lungo con Arturo Cafarelli.

Gli interventi si sono alternati, come si diceva, con la lettura di alcune poesie contennute nel volume e con pregiate esecuzioni al pianoforte della maestra Luisa Chiofaro.

Conoscevamo Arturo Cafarelli soprattutto per le sue composizioni poetiche in dialetto, davvero preziose e colte, nella grande tradizione vernicolare reggina, tanto per fare qualche esempio, dei Pietro Milone e Nicola Giunta : “Alba Nova, poesie dialettali reggine” nel lontano 1997 raccolta stampata dall’editore Gangemi; poi “L’imbuto” testo teatrale del 2000 pubblicato per le edizioni Rhegium Julii e sempre dalla storica associazione culturale la pubblicazione nel 2023 delle poesie dialettali “Lingua Nova”.

Lo sapevamo medico di famiglia, ora in pensione, commediografo e operatore teatrale, per avere scritto e messo in scena con una piccola compagnia teatrale le sue commedie “La scommessa” del 2006, “Andropausa” del 2010, “Il gigante nano” del 2013, “Pu sì e ppu no” del 2016, “E’ arrivato Pasqualino” del 2024 e altre ancora che ha nel cassetto. Lo sapevamo saggista e curatore per conto del Rhegium Julii di opere di Alfredo Emo, Vincenzo Spinoso, Giuseppe Morabito e l’antologia poetica degli Artisti Reggini della Sanità “Da queste ombre poesia dialettale a Reggio e sulla Jonica”.

Si è presentato, Cafarelli, anche come poeta in lingua con questo “Inventario” ed è stata una sorpresa e inaspettata scoperta; sono versi davvero giovani, moderni, pieni zeppi di inglersismi e parole nuove che non ti aspetti da un poeta che certamente … non è di primo pelo, anche se, ha confessato, alcune composizioni sono state scritte tanti anni addietro e adesso rilette e rivisitate:

Algoritmi / Quando saranno gli input e gli algoritmi / a surrogare la penna del poeta / si adagerà nel gusto già preposto / il nuovo verso. Toccherà le corde / del pubblico conforme. / Carmina da shopping center / i nuovi elaborati cibernetici. / Verso uguale / globale / fonemi incatenati / a celare inquititudini. / Allora il poeta troverà ristoro / nel linguaggio superstite. / Dalle rocciose acque inaccessibili /speleologi novelli noi / riesumeremo le sommerse lingue. / I dialetti perduti / biancheggeranno al sole / incorruttibili.

Dove si racconta della difficoltà esistenziale del poeta di fronte al dilagare della tecnica che oscura ogni linguaggio.

Ma l’afflato lirico con la poesia si esalta nell’ultima composizione che da il titolo al volume. In “Inventario” Arturo Cafarelli scala vette liriche davvero sublimi e i tanti rapporti amorosi, effimeri e passeggeri, ma anche impregnati di nostalgia: “la conobbi tra un giradischi e un lento / di un rave fatto in casa / quando le danze complici innescavano / sussulti di passione e di tormento” non sono altro che prolusioni all’unico e vero amore: “poi quella più attempata / il grande amore mio “allevava due bambini / e con loro crebbi anch’io”.

Insomma una intensa serata di poesia dove la parola, parlata nel silenzio rispettoso senza microfoni e amplificatori, ha preso il sopravvento creando intime emozioni e pensieri belli.

Come si usava una volta quando i cuori eramo amici e puri.

Cernuto, Bova, Radici Colace, Cafarelli, Scuncia, Loreley Borruto