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Sono

di Giuseppe Laganà - Roma

Sono lo sguardo che accoglie
e lingua che annienta.

Sono lama affilata che implacabile affonda
e gesto che sfiora volti spauriti.

Sono pioggia leggera su terra riarsa
e vento che spazza e spezza impetuoso.

Sono nave che solca l'onda domata
e fuscello cullato dal mare a riposo.

Sono Dedalo ed Icaro
Sisifo e Arianna.

Assomiglio a Tommaso ed anche a Zaccheo.

Pietro, un fratello e con lui l'Iscariota.

Sono in cerca di senso tra albe e tramonti
a volte di corsa,
trafelato e felice,
a volte inciampando
incerto e dubbioso.

Il Nazzareno m'intriga, m'afferra e m'incanta,
ma quanta fatica a stare al suo passo.

Se penso al cammino che è diventato memoria
un nodo alla gola e l'occhio si annebbia.

Sono quello che sono
ferito, ma vivo,
dentro il mio tempo
tra passato e futuro.