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Categoria: Carta bianca
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di Giuseppe Bova

Un giorno decise di sorprenderci tutti ed annunciò che sarebbe stato al cenacolo del Rhegium per parlare dell’acqua.

Aveva scritto diverse cartelle e qualche verso, un po’ come Josif Brodskji che, amando Venezia, mandò alle stampe per Adelphi una plaquette capolavoro dal titolo Fondamenta degli incurabili.

Anche Lui era così, sentiva il richiamo della foresta, amava stare con i poeti amici, era contento ascoltare e dire cose, voleva respirare la profonda corrente dell’anima che, quando agita emozioni o suggestioni, odora di un profumo divino.

Non era una presenza misteriosa, ma solare. Tutti avvertivano l’estensione della sua cultura e la consistenza umana dei suoi contenuti, perché nella sua dimensione creativa erano presenti le esperienze della guerra, le morti, i genocidi ma anche le sofferenze dei deportati, dei marginalizzati, degli ultimi.

Nulla poteva distrarlo dalla determinazione con cui si dedicava alle battaglie per l’affermazione dei diritti umani e per affrancare l’uomo dalla miseria e dalle dittature.

Era capace di volare alto come un’aquila sul mondo e di osservare con occhio critico le contraddizioni e il dolore.

Si sentiva impegnato contro la pena di morte e per il riscatto del Mezzogiorno evidenziando vicende che ritornavano dure alla nostra memoria come il caso di Paula Cooper, giovane negra, condannata a morire nel braccio di un carcere americano o le raccoglitrici di olive di Iatrinoli o i malati di silicosi delle campagne della Piana.

In un contesto così sensibile, Emilio era, come nelle opere di Omero, un’apparizione tangibile delle divinità greche, dispensava i frutti dell’umanità ed offriva qualche istante di riflessione e di saggezza che esaltavano l’etica e estetica del pensiero.

Stava nella grazia della storia con un vissuto rigenerante costruito sull’arte, la cultura e sulle menti aduse alla raffinatezza.

La sua presenza al Rhegium è stata per lungo tempo un punto di riferimento. Colpiva per la sua eccentricità, per il suo impegno politico, per le sue mani irrequiete che piantavano incessantemente il seme della genialità.

Noi che l’abbiamo conosciuto sappiamo che Emilio non è stato solo un poeta. Dalle muse ha raccolto diverse versatilità ed era capace di esprimersi come pittore, bozzettista, ma anche con un’arte oratoria molto vicina all’affabulazione.

Molti ricordano ancora la sua casa di Taurianova arredata con un’originalità quasi museale e non dimenticano la sua forte tendenza ad una testimonianza partecipe fino a farsi grido.

I suoi versi, a volte, li sentiamo scorrere struggenti e interminabili come la lava di un vulcano attivo e, per la presenza centrale dell’uomo, li consideriamo un naturale gesto d’amore e di generosità verso il mondo.

Emilio ha vissuto a Reggio Calabria, con Gilda Trisolini e gli amici del Cenacolo, una stagione formidabile durante la quale ha espresso tutta la sua capacità creativa: ha condotto spesso i Caffè letterari, ha partecipato da protagonista agli incontri organizzati dal circolo con i Nobel della letteratura mondiale, ha conversato su diversi temi di grande valenza letteraria.

Ciò che consideriamo importante, tuttavia, è stata la capacità di coniugare la rappresentazione dei problemi sociali con la cultura classica del territorio, uno stato di grazia che gli ha consentito di cantare come in un poema epico, non gli eroi, ma il dolore, la drammaticità degli eventi colta in un mare d’ingiustizia e di disumanità.

Il suo dono più grande non poteva essere che questo dolce affidarsi al tempo, la scelta di consegnare a tutti gli amici del Circolo Rhegium Julii, gli ultimi suoi versi, quelli che oggi rassegniamo alla vostra attenzione con questa raccolta: Le azzurre sorgenti dell’Acheronte.

Sapeva Emilio che non lo avremmo dimenticato e che saremmo stati custodi sacrali del suo impegno civile per il mondo e per la poesia.

Ed oggi, quando le risorse ce lo hanno consentito, ci prepariamo ad offrire alla Città, al Paese ed al mondo, il canto del cigno del poeta che ha vinto il dolore con la forza della sua creatività, delle sue idee e del suo impegno civile e culturale.

Il cielo sarà stato certamente generoso con Lui, perché questo poeta ha scavato il solco della solidarietà e della fratellanza, ha squarciato il velo delle frontiere occluse ed ha lottato tenacemente per la pace scuotendo l’anima delle genti.

E la goccia delle sue parole cade ancora ogni giorno su tutti noi per indicare la giusta strada dell’impegno per la giustizia sociale e della non violenza, per abbattere quei grandi impostori di sempre che rispondono al nome di ricchezza e povertà.

Reggio Calabria, giugno 2006